Dott.ssa Carolina Sopò Santini - Cantante e Antropologa

Vinili

 


 

 

 

Testi©Università La Sapienza, Roma, "Laboratorio di informatica: documenti sonori, supporti, riversamento e restauro" tenuto dal Prof Francesco La Camera nel 2007

Nozioni sui Dischi Vinili & Nastri magnetici

Storia dei supporti sonori

Volendo redigere una storia completa della registrazione sonora e dei suoi formati, non ci basterebbero le poche pagine che qui gli si possono dedicare, poiché molti sono i supporti utilizzati per tempi brevissimi e altrettanto velocemente scomparsi, insieme alle macchine per riprodurli Si è quindi preferito, in questa sede, dare maggiore attenzione ai supporti che hanno avuto una certa diffusione e che, più frequentemente, rintracciamo negli archivi Sono poi stati presi in considerazione alcuni supporti ottici (vale a dire su pellicola tipo colonna sonora) per l’importanza che questi hanno assunto nella musica da film: può capitare, infatti, di dover recuperare delle colonne sonore non avendo più a disposizione i master originali

I cilindri

Il primo fonografo, inventato da Thomas Edison nel 1877, consisteva in una tromba conica tronca terminante in una membrana al centro della quale era fissato uno stilo metallico (che non possiamo chiamare puntina o testina poiché era della grandezza di una puntina da disegno) Lo stilo scorreva su un foglio di stagno avvolto intorno ad un cilindro d’ottone scanalato, questo, a sua volta, si spostava per mezzo di una vita senza fine Per eseguire una registrazione bisognava avvicinare la fonte sonora alla tromba e ruotare il cilindro attraverso una manovella, il movimento della membrana causava l’incisione dello stagno attraverso lo stilo (veniva prodotta cosi una traccia elicoidale ossia un solco modulato verticalmente) Per la riproduzione, lo stilo messo a contatto con lo stagno, mentre si faceva ruotare il cilindro, portava la membrana a vibrare e riprodurre un suono simile a quello originale Chiaramente, a causa della natura fisica dello stagno, durante la riproduzione molte delle informazioni originali venivano falsate Questo primo fonografo non diede quindi risultati soddisfacenti, anche perché non poteva produrre registrazioni che durassero nel tempo
Dall’idea di Edison partirono però Alexander Graham Bell, suo cugino Chichester Bell e un loro socio, Charles Sumner Tainter, per l’elaborazione di una nuova macchina Nel 1885, infatti, presentarono una macchina che utilizzava cilindri di cartone ricoperti di cera fissati sopra un mandrino ruotante Invece del cilindro rispetto allo stilo, erano quest'ultimo e la membrana a muoversi lungo il cilindro mentre veniva fatto ruotare Come nella macchina di Edison, il movimento della membrana era traslato nel movimento verticale (cioè dal basso verso l’alto) dello stilo che a sua volta incideva, creando una modulazione, la superficie del cilindro Usando un cilindro ricoperto di cera Bell e Tainter furono in grado incidere i solchi in modo più duraturo rispetto alla macchina di Edison Inoltre, grazie all’uso del mandrino, le registrazioni su cilindri di cera potevano essere rimosse dal fonografo e conservati per ascolti successivi
La risposta di Edison non si fece attendere ed egli nel 1887 presentava il “Nuovo Fonografo”, presto seguito dal “Fonografo Perfetto” del 1888 Entrambe queste macchine sfruttavano le risorse tecniche dell’apparecchio di Bell e soci, ma erano alimentate a batteria, e per il “Fonografo Perfetto“ furono realizzati cilindri composti di cera solida e quindi più resistenti
Con poche e marginali modifiche, macchine di questo genere rimasero in uso durante la cosiddetta “era dei cilindri” (dal 1880 fino alla I Guerra Mondiale) per la registrazione e la riproduzione All’inizio l’alto costo ne permise l’utilizzo solo come attrazione pubblica Ben presto però divenne d’uso comune nelle abitazioni, per il divertimento domestico ma anche a scopo di studio
A sfruttare a pieno le potenzialità del fonografo furono però gli studiosi di discipline storico-umanistiche, soprattutto etnomusicologi, antropologaologi e linguisti: nessuna forma di notazione o di trascrizione fonetica eguagliava, infatti, l’efficacia del fonografo nella ricerca sul campo La più vecchia registrazione ad uso etnomusicologico di cui si ha notizia, eseguita da Jesse W Fewkes nel 1890 e conservata nell’Archive of Folk Culture della Library of Congress, contiene canti degli Indiani Passmaquoddy In Inghilterra è conservata invece, presso la NSA, la prima registrazione di musica e parlato realizzata da AC Haddon nel 1898, durante la sua spedizione di studio alle isole Torres
Nel 1908, poi, Edison riuscì a diminuire lo spessore dei solchi, ottenendo così dei cilindri in grado di riprodurre circa quattro minuti di registrazione invece dei due delle macchine precedenti Contemporaneamente cominciarono ad apparire gli stampi “indistruttibili” realizzati in celluloide: questo permise ad Edison, nel 1912, la produzione dei cilindri Blue Amberol, arrivando alla versione definitiva del fonografo
In Inghilterra la Edison Bell Phonograph Corporation acquistò il brevetto, e fu proprio attraverso questa società che vennero prodotti e venduti molti cilindri e fonografi in Gran Bretagna fino al 1903 Successivamente, una volta scaduti i diritti d’esclusiva della compagnia, nacquero molte piccole società che, insieme alla stessa Edison, che aveva frattanto assunto il nome di National Phonograph Company, si impegnarono nella produzione di cilindri
In Italia i primi fonografi fecero la loro comparsa, invece, già nel 1895, esposti alla Galleria Umberto di Napoli in occasione della festa di Piedigrotta Doveva trattarsi di materiale d’importazione poiché le prime due case produttrici presenti sul territorio nazionale, la Società Italiana di Fonotipia di Milano e la Phonotype di Napoli, cominciarono ad operare rispettivamente nel 1905 e nel 1907, ed inizialmente solo come negozi

La Edison fu nel campo dei cilindri sicuramente l’azienda leader, nonostante non fosse stata sempre la prima a sviluppare nuove tecniche Questo fu sicuramente il motivo dell’impegno personale di Edison nel sostenere la superiorità del cilindro sul disco, ma le sue preferenze, alla fine, furono disattese dal mercato e nel 1929 fu interrotta la produzione di cilindri a scopo commerciale
La tecnologia legata ai cilindri non si modificò molto negli anni, nonostante il successo acquisito web Tutte le registrazioni furono realizzate con il sistema meccanico (o acustico), usando trombe di varia grandezza per catturare i suoni e trasferirli meccanicamente allo stilo per l’incisione, in pratica come Edison aveva fatto con il primo fonografo; la riproduzione avveniva poi attraverso trombe la cui grandezza e complessità crebbe con il tempo Il cilindro morì quando la registrazione elettrica divenne di comune utilizzo Il fonografo rimase, però, l’unica macchina portatile per la registrazione fino agli anni trenta, così che molte collezioni etnografiche ed etnomusicologiche furono realizzate su cilindri
Sopravvisse fino quasi agli anni sessanta, invece, negli uffici inglesi, l’utilizzo di fonografi come dittofoni, con cilindri in cera riutilizzabili: ne furono realizzati prima dei modelli mossi a pedale, come macchine da cucire, e poi con motori elettrici

E’ possibile trovarne ancora oggi, soprattutto in Inghilterra, grazie al loro largo impiego, nonostante siano oramai stati sostituiti prima da macchine con nastro magnetico e poi da registratori digitali con memoria removibili

Università La Sapienza, Music Therapy Roma,"Laboratorio di informatica: documenti sonori, supporti, riversamento e restauro" tenuto dal Prof Francesco La Camera nel 2007 e frequentato da Carolina Sopò Santini, durante il corso di laurea in Teoria e pratica dell'Antropologia

La maggior parte delle informazioni di carattere storico contenute in questo capitolo sono ricavate da A Ward, A Manual of Sound Archive Administration, Gower Publishing Company, Aldershot UK, 1990 e da GA Marco, e , F Andrews, Encyclopedia of Recorded Sound in the United States, Garland Publishing Inc, New York & London, 1993 Altre sono frutto della personale esperienza del Prof La Camera

 

 

Pulizia, revisione e riparazione dei supporti sonori

Introduzione

Una volta ispezionato e riconosciute le varie caratteristiche del supporto, questo deve essere pulito E’ questa una fase delicata poiché detriti anche minuti possono causare perdite del segnale, dovute al cattivo contatto tra testina e nastro o a salti della puntina del giradischi Da notare che consideriamo come parte integrante della pulizia anche tutte le operazioni che ci permettono di arrestare, anche solo momentaneamente, la degradazione del supporto
Contemporanea alla pulizia, deve essere effettuata la revisione del supporto e l’Eventiuale riparazione dei difetti di natura meccanica

o

 

Dischi Vinili

 

Pulizia

Per la pulizia dei dischi esistono da parecchi anni una serie di macchine prodotte da Keith Monks e VPI Generalmente costituite da un piatto rotante a 80rpm, una o due spazzola, un tubicino per l’aspirazione dei detriti Le spazzole distribuiscono, in maniera omogenea, il liquido detergente e raccolgono, successivamente i residui di maggiori dimensioni; mentre il tubicino, percorrendo il disco come una puntina, lo libera dai residui minuti e ne facilita l’asciugatura Lo stesso lavoro può essere eseguito anche manualmente, ma i risultati non saranno chiaramente gli stessi, soprattutto per l’eliminazione dei residui minuti Generalmente, un solo lavaggio può essere sufficiente per rimuovere i residui minuti, almeno un paio nel caso di dischi con detriti e funghi visibili Alla fine della lavorazione, si esegue un ulteriore lavaggio con acqua distillata allo stato puro, per rimuovere Eventiuali residui del detergente Molta attenzione va posta nel lavaggio dei dischi laminati, che dove presentano Eventiuali crepe, devono essere protetti per non permettere l’ingresso dell’acqua negli strati sottostanti
Il liquido detergente sarà il maggior responsabile della buona riuscita dell’operazione, ma dovrà avere caratteristiche tali da non attaccare la superficie dei dischi o, nel caso dei laminati, provocare il distacco di uno degli strati Negli ultimi anni, sono stati messi a punto detergenti specifici per i vari tipi di dischi: alcuni di questi realizzati dalle stesse case costruttrici delle macchine lavadischi, altri da archivi e ricercatori
Tutti i detergenti hanno come parte fondamentale (>99%) l’acqua distillata, questa ha, infatti, una composizione chimica ben conosciuta, non lascia residui ed è poco costosa Durante il lavaggio, l’acqua disperde le cariche elettrostatiche e neutralizza l’aumento della conduttività dovuto ai sali lasciati dalla manipolazione del disco Non è in grado, però, di sciogliere i grassi e per questo vengono aggiunti additivi (<1%) che la rendono tensioattiva Ecco di seguito la composizione del liquido detergente consigliato per le quattro tipologie di dischi più comuni:

Vinile e Shellac: 0,25 parti di Tergitol 15-S-3 e 0,25 parti di Tergitol 15-S-9 per 100 parti d’acqua distillata
Vulcanite: come per i microsolchi, con particolare attenzione all’asciugatura
Acetati: come il precedente con l’aggiunta di 1 parte di Ammoniaca per 100 parti d’acqua, oppure il Kodak Lens Cleaner (99% acqua distillata, 1% bicarbonato d’ammonio e tensioattivi)
Esistono altri metodi di pulizia dei dischi, come quello con Freon consigliato dalla Library of Congress, non sono stati presi in considerazione o perché particolarmente complessi e costosi, o perché non se ne conoscono le reazioni a lungo termine sui supporti lavati

E’ difficile fare una casistica dei danni meccanici che i dischi subiscono, questi, infatti, possono derivare dal semplice uso ma anche dal deperimento del materiale di cui sono composti, come illustrato nel capitolo precedente Rientrano, in ogni caso, in tre tipologie: rottura del supporto, deformazione dell’intero supporto, irregolarità della superficie
Con il termine rottura del supporto, intendo che questo compaia diviso in due o più parti Purtroppo le possibilità di renderlo nuovamente ascoltabile sono scarse Per quelli a faccia singola, si può tentare di riunirne le parti, su una superficie simile a quella del disco sulla quale, precedentemente, sia stato spalmato un collante poliuretanico (a presa non rapida), adatto a non rovinare il materiale di cui è composto il supporto Bisognerà fare molta attenzione a far combaciare i punti di rottura e a non permettere al collante di penetrare negli interstizi Al collante si può sostituire del nastro biadesivo che però non assicura la stessa tenuta Per i dischi a doppia faccia tutto si complica, poiché il collante in questo caso andrebbe collocato proprio lungo la superficie di rottura; si può ovviare al problema usandolo solo nella parte centrale, ma questo, chiaramente, ne diminuisce la tenuta in tensione In entrambi i casi durante la riproduzione il disco risulterà rovinato nel passaggio delle suture con il classico click da graffio
Nel caso di dischi laminati anche lo “sfogliamento” deve essere considerata come una rottura, e la riparazione è un’operazione veramente complessa Non sono riuscito ad entrare in possesso di informazioni specifiche al riguardo, so solo che nei paesi di lingua tedesca e in Francia vi sono tecnici specializzati in questo lavoro
Parliamo di deformazione, invece, quando lo stato del disco risulta integro ma la sua forma non è regolare, e questo in riproduzione causa soventi sbalzi del braccio Classico esempio ne sono gli LP che conservati male sono soggetti ad ondulazione della loro superficie, come anche i dischi in Bachelite della Durium ad una faccia che, avendo la base di cartone, tendono ad inarcarsi In entrambi questi casi, si può tentare di regolarizzarne la superficie ponendo il disco tra due lastre di vetro doppio (altezza 1cm) e, successivamente, poggiando il sandwich cosi ottenuto su una fonte di calore ad una temperatura prossima ai 50°C Dopo circa un’ora, il tutto va poggiato su una superficie piana, appesantito in modo da essere pressato e lasciato in questa posizione per circa ventiquattro ore Il metodo non funziona sempre a causa talvolta delle tensioni interne al disco stesso, ma ha una buona percentuale di riuscita Per i dischi Durium e per tutti quelli ad una sola faccia, si può tentare un metodo simile alla foderatura delle tele pittoriche: non ne conosco i risultati ma, sulla carta, sembrano essere interessanti, soprattutto per vincere le tensioni interne ai materiali cui si accennava sopra
Con il termine irregolarità della superficie, infine, ci riferiamo a tutti quei difetti, come i graffi o particelle solide, che causano in riproduzione rumori impulsivi, di superficie o veri e propri buchi di segnale Non è possibile, allo stato attuale delle mie conoscenze, porre rimedio a questi problemi se non per via elettronica, come vedremo nel capitolo VII Rumore di superficie ed impulsivi possono essere contenuti, ma non eliminati, solo con la scelta della giusta testina di riproduzione, come vedremo nel prossimo capitolo

Una volta eseguite le varie fasi sopra descritte, i supporti sonori saranno pronti per la fase di

 

Riversamento

1 Introduzione

La fase di riversamento è sicuramente la più delicata poichè un cattivo esito web della stessa pregiudica l’intero lavoro Le maggiori difficoltà si riscontrano con i dischi ma anche i nastri presentano problemi non trascurabili

2 Il riversamento dei dischi

Una volta pulito, il disco è pronto per il riversamento, per eseguirlo correttamente però dovremo prima prendere le seguenti decisioni:

Scelta di un giradischi in grado di riprodurre il disco alla corretta velocità;
Scelta di un complesso braccio-testina adatto al disco;
Scelta della curva di equalizzazione corretta per il disco da riprodurre


21 Caratteristiche del giradischi

Bisogna chiaramente rivolgersi al mercato delle apparecchiature professionali, cercando macchine dall’assoluta affidabilità Il giradischi in questione dovrà avere un piatto di diametro adatto al disco da riprodurre, un variatore di velocità dotato di tachimetro (stroboscopico o elettronico) e la possibilità di sostituire il braccio Esistono macchine appositamente realizzate con la possibilità di montare due bracci, velocità variabile tra 12 e 120rpm ed un piatto da 50cm di diametro Generalmente, però, si opta per l’adozione di tre macchine diverse: una per la riproduzione dei dischi microsolco, uno per i 78rpm ed il terzo per quelli a pronta resa da 16 pollici Le macchine a disposizione sono tantissime e si può decidere di acquistarne di nuove, opportunamente castomizzate, come rivolgersi a vecchi apparecchi broadcast che, se correttamente revisionate, risultano ottimi

22 Scelta del complesso braccio-testina

Per tutti i dischi va selezionato un braccio d’alta qualità, in grado di regolare in maniera fine il peso da applicare alla testina, l’antiscating e l’errore radiale Questi, infatti, determinano la capacità della puntina di seguire il solco senza inserire distorsioni
Per i dischi microsolco e per i 78rpm, la lunghezza effettiva del braccio sarà quella classica di 23cm, mentre per quelli da 16 pollici bisognerà montarne uno di lunghezza effettiva pari a 31,5cm
La scelta della puntina è, a questo punto, la fase successiva Come precedentemente visto, è piuttosto complesso stabilire il tipo di solco con cui una registrazione è stata realizzata, soprattutto per l’era acustica Dobbiamo quindi, fare affidamento su alcune pubblicazioni realizzate da grandi archivi e sull’esperienza Bisogna per questo disporre di un certo numero di puntine e stabilire quale fa al caso nostro, prima sulla carta e poi con Eventiuali ascolti comparati
Per i 78rpm se il disco è in buone condizioni e con rumore di superficie contenuto, si può utilizzare uno stilo di forma ellittica tronca, se risulta rovinato è consigliato l’uso di una forma conica tronca Per la scelta delle dimensioni dello stilo ci facciamo aiutare dalla tabella seguente, che è chiaramente solamente indicativa:

Puntina Conica tronca

Puntina Ellittica tronca

Pre 1920
Reg acustica

80-100µm

80-100 x 30µm

1920-1936
Inizio elettrica

70-80µm

70-80 x 30µm

1939-1966
Pre microsolco

50-70µm

50-70 x 20µm

Gli stessi criteri possono essere adottati per i dischi a pronta resa, anche se, giova ricordare che, con questa tipologia la variabilità aumenta Anche per questi, comunque, ci vengono in aiuto alcune pubblicazioni
Per i dischi microsolco, essendo invece questo formato standardizzato, basterà scegliere la testina moderna che riteniamo di migliore affidabilità, oppure selezionarne alcune che reputiamo adatte
Ricordiamo, infine, che, anche se la grande maggioranza dei dischi su cui lavoreremo sono mono, è consigliabile utilizzare sempre testine stereo, queste ci permettono, infatti, di disporre ai loro capi di un segnale più alto e di poter meglio compensare Eventiuali errori di tracciamento del solco Nel caso di registrazioni verticali è, inoltre, norma di riprodurle con una testina stereo invertendo di fase uno dei canali e sommandolo, successivamente, all’altro in percentuale tale da minimizzare i rumori

23 La corretta equalizzazione

Fino all’affermazione del microsolco e quindi della standardizzazione della curva RIAA come curva di enfasi/deenfasi, si può tranquillamente affermare che ogni casa discografica ne utilizzava una propria
Il problema nasce a causa della natura elettromeccanica dei processi di registrazione e riproduzione del supporto sonoro disco, dove un trasduttore elettromeccanico (la puntina) trasforma un segnale da elettrico a meccanico, per l’incisione del solco, e viceversa da meccanico ad elettrico, per la riproduzione Questo processo di trasduzione può essere realizzato ad “ampiezza costante” o a “velocità costante”, nel primo caso avremo una risposta in frequenza piatta, nel secondo una risposta in frequenza crescente di 6db/ottava: a questi due processi corrispondono due tipi d’incisione del solco (vedi Tav12 e 13) A causa di vari problemi di natura meccanica di testina e solco, a partire dagli anni ’20 si cominciò ad utilizzare una combinazione di queste due tecniche: fino agli anni’30 si registrava la parte bassa dello spettro ad ampiezza costanze, e quello superiore a velocità costante; a partire dagli anni’30 solo la parte centrale dello spettro era a velocità costante Variando le case discografiche le caratteristiche dei solchi, risulta chiaro come ognuna di queste utilizzasse curve diverse, cioè variasse la frequenza di passaggio tra le due tecniche d’incisione Il tutto fu normalizzato solo con l’introduzione del microsolco e della curva di equalizzazione RIAA: si registrano a velocità costante le frequenze comprese tra 500 e 2122Hz e quelle sotto i 50Hz, ad ampiezza costante tutto il resto
Questo comporta che per riprodurre tutti i dischi stampati prima del 1956, compresi i primi 33rpm, bisogna ricorrere a preamplificatori in grado di variare le curve di equalizzazione in modo da adattarsi ai vari dischi Esistono in commercio sia preamplificatori per giradischi con queste caratteristiche, sia riequalizzatori che vanno abbinati ad un preampli RIAA Si può anche pensare di utilizzare gli equalizzatori professionali ma l’implementazione delle curve risulta, in questo caso, approssimativa Per nostra fortuna, inoltre, si conoscono le curve di enfasi/deenfasi di moltissime case discografiche, e queste sono pubblicate, o anche contenute nei manuali degli apparecchi di cui sopra

24 Il riversamento

Una volta eseguite le scelte e le tarature necessarie, si può eseguire il riversamento Lo schema a blocchi della Tav14 ce ne illustra i vari stadi

Il segnale meccanico, prelevato dal solco, è trasformato in elettrico dalla puntina Entra quindi in un primo stadio di preamplificazione che ne adatta le caratteristiche elettriche Segue un secondo stadio con le seguenti funzioni:

Se l’incisione del disco è verticale, uno dei due canali (generalmente il destro) va invertito di fase e sommato all’altro, in maniera graduale, cercando di ottenere un aumento in ampiezza ed una diminuzione del segnale di fondo
Se l’incisione è laterale e stereofonica, ma realizzata con i due segnali in somma/differenza va utilizzata una matrice per la codifica
Per i dischi stereo, inoltre, c’è la possibilità di correggere Eventiuali piccoli errore di fase tra i due canali (tracking error)
Il segnale è, infine, inviato allo stadio di equalizzazione per l’implementazione delle curve di cui sopra e poi allo stadio di uscita
A questo punto non resta che la scelta del supporto e del formato su cui salvarlo

Pulizia, revisione e riparazione dei supporti sonori 2

Introduzione

Una volta ispezionato e riconosciute le varie caratteristiche del supporto, questo deve essere pulito E’ questa una fase delicata poiché detriti anche minuti possono causare perdite del segnale, dovute al cattivo contatto tra testina e nastro o a salti della puntina del giradischi Da notare che consideriamo come parte integrante della pulizia anche tutte le operazioni che ci permettono di arrestare, anche solo momentaneamente, la degradazione del supporto
Contemporanea alla pulizia, deve essere effettuata la revisione del supporto e l’Eventiuale riparazione dei difetti di natura meccanica

 

 

Nastro Magnetico

 

 

Pulizia

 

Per quanto riguarda la pulitura dei nastri bisogna sottolineare che in questo tipo d’operazione va compresa sia quella con cui si eliminano sporcizia, muffe, funghi e residui minuti, sia i processi che fermano la degradazione chimico-fisica del supporto
Non ho trovato fino ad oggi metodi di pulitura o macchine appositamente costruite, anche se so che alla fine degli anni ’80 l’Agfa mise a punto un processo di pulizia e trattamento chimico (conosciuto come XT-Process) ed una macchina per lavaggio ed asciugatura dei nastri simile a quelle utilizzate per i filmEsistono, però, una serie di prodotti in commercio per la pulitura dei nastri, il più comune è il Tape Cleaning Fabric (610-1-150) della 3M: come suggerito dal nome stesso, nasce per liberare il supporto dalle fibre residue della lavorazione, ed è risultato ottimo per eliminare funghi e sporcizia Va applicato imbevendone una superficie morbida (velluto o pennelli) e facendovi scorrere sopra il nastro in riavvolgimento veloce, con la particolare attenzione di non applicare tensione alcuna sulla superficie del supporto Si può tentare di automatizzare questa operazione di pulitura modificando un registratore a bobine tradizionale, e regolarizzando l’inumidimento della superficie morbida
Prima di qualsiasi altra operazione, però, bisogna bloccare, se attivo, il deterioramento chimico-fisico dei nastri Abbiamo visto, nel capitolo precedente, che sono due le cause principali di deterioramento che vanno sotto il nome di Vinegar Syndrome e Sticky Shed Syndrome, e che la prima colpisce maggiormente ed in modo distruttivo i nastri in Acetato, mentre la seconda è caratteristica di quelli in Poliestere
Nel primo caso non esistono metodologie affermate e fino a pochi anni fa era considerato un processo irreversibile, la procedura rivelatasi migliore è, inoltre, costosa a causa della difficoltà nel determinare la composizione del nastro Impiega, infatti, la spettrometria ad infrarossi per determinare accuratamente le composizioni di supporto e leganti Successivamente si sceglie il reagente che, una volta applicato, stabilizzi il nastro rendendolo riproducibile Per eseguire questo tipo di processo abbiamo chiaramente bisogno di un laboratorio adatto, un analista esperto ed un chimico che ci possa realizzare il reagente
Più semplice, invece, il metodo oramai affermato per stabilizzare nastri colpiti dalla Sticky Shed Syndrome: negli anni ’80 Ampex ed Agfa studiarono un metodo basato sulla cottura del nastro, la metodologia è stata poi applicata con variazioni Il nastro va liberato dall’Eventiuale flangia in plastica, avvolto con centratore di metallo e adagiato su piatto di metallo, posto in un forno elettrico va cotto ad una temperatura intorno ai 50°C per un tempo variabile da un’ora ad un giorno, quindi lasciato raffreddare Va sottolineato che questo processo è reversibile: i nastri ritornano allo stadio precedente alla cottura in un tempo che varia tra due e trenta giorni Risulta, inoltre, molto efficace anche per la rimozione di muffe e funghi, basta, infatti, dopo il raffreddamento, mandare il nastro in riavvolgimento veloce avanti ed indietro e questo si libera dei residui oramai secchi

Per quanto riguarda gli interventi di natura meccanica, questi rientrano in tre tipologie: rottura o stiramento-torsione del nastro; revisione di giunte e code; sflangiamento
Nel caso della semplice rottura, un’operazione di giuntura risolve ogni problema Risulta impossibile intervenire, invece, quando il nastro ha porzioni “stirate” (vale a dire allungate impropriamente), mentre quando ha subito una torsione si può tentare, a mano, di ristabilire la posizione corretta del supporto In ogni caso, evitare, se possibile di tagliare la parte danneggiata poiché qualsiasi informazione riusciremo a ricavarne, in riversamento, sarà comunque utile
La revisione di giunte e code è, invece, un’operazione di routine che andrebbero eseguite a scadenze programmate, anche se poi questo non avviene Si fa scorrere il nastro e si esaminano le giunte lungo di esso, saggiandone la capacità, Eventiualmente si sostituiscono Le code del nastro vanno assolutamente sostituite se in carta, cioè il tipo più vecchio e attaccabile da muffe, o se rovinate Aggiungere, inoltre, le code in testa e alla fine del nastro, se mancano poiché sono utili per meglio proteggere gli estremi del supporto registrato
Lo sflangiamento, infine, è una delle esperienze più traumatiche per un tecnico, poiché, a causa del disseccamento del lubrificante, le spire sembrano sfaldarsi, perdono aderenza tra loro, e ci si ritrova con un nastro che ha assunto la forma di un gomitolo di lana, svolto ed ingarbugliato L’operazione per riavvolgerlo richiede grande pazienza poiché ne va preso uno dei capi, liberato e riavvolto a mano Quando non si riesce più a liberarlo, si taglia, si riprende il capo e si ricomincia, successivamente sarà operata una giunta per ristabilire la continuità del nastro

Una volta eseguite le varie fasi sopra descritte, i supporti sonori saranno pronti per la fase di riversamento

 

Riversamento

Rispetto alla complessità per la corretta riproduzione ed il riversamento dei dischi, quello dei nastri appare più semplice Bisogna, infatti, riconoscere che la registrazione su nastro magnetico è di introduzione più recente, i formati sono stati standardizzati quasi subito e molte macchine sono ancora utilizzate negli studi di registrazioni, negli archivi e nelle abitazioni private
Una volta che il nastro è stato pulito si deve stabilire:

Il numero delle tracce
Il senso di rotazione
Velocità ed equalizzazione del nastro
Possibile errore di Azimuth
Presenza o meno di riduttori di rumore
L’Azimuth è l’angolo formato tra la superficie della testina e quella del nastro: se i due corrono perfettamente paralleli in registrazione, ed in riproduzione, l’errore sarà uguale a zero ed il segnale avrà un corretto bilanciamento timbrico Se, invece, la testina è disallineata durante la registrazione, in riproduzione si ha un errore tale che il segnale, all’ascolto, risulta povero di alte frequenze L’errore di azimuth è facilmente rilevabile attraverso un misuratore di fase, se il segnale è stereo, oppure con alcune semplici procedure segnalate nei manuali per le registrazioni monofoniche La correzione deve essere effettuata durante la riproduzione, variando l’inclinazione della testina fino al ristabilimento della corretta risposta in frequenza; se in testa al nastro sono state registrate le frequenze di taratura, l’operazione risulterà facilitata

I riduttori di rumore furono introdotti alla fine degli anni ’60, nessuna registrazione realizzata prima del 1966 ne fa uso Per le loro caratteristiche e l’uso rimandiamo ai manuali per tecnici del suono ed archivisti Generalmente sulle scatole dei nastri viene riportato se si è utilizzato in registrazione un riduttore di rumore, nel caso questo non fosse avvenuto solo un orecchio molto allenato riesce a riconoscerne l’uso ed Eventiualmente la tipologia

Una volta raccolte tutte le informazioni si può passare alla riproduzione del nastro Si raccomanda di utilizzare solo macchine professionali, dalla sicura affidabilità e correttamente tarate Si può pensare di utilizzare una sola macchina con testine intercambiabili, ma con l’inconveniente che ogni cambio di formato dovremmo ritarare la macchina; è, quindi, consigliabile avere più macchine a disposizione come di seguito riportato:
- due macchine stereo con velocità di 3-3/4 e 7-1/2ips la prima, e 15 e 30ips la seconda, con possibilità di variare le equalizzazioni (tipo Studer serie 800 o Revox PR99)
- una macchina doppio mono con velocità da 1-7/8 a 7-1/2 (tipo Uher 4000)
- una macchina quattro tracce con velocità 7-1/2 e 15ips (almeno)
Per quanto riguarda i riduttori di rumore si dovrebbe avere a disposizione almeno due canali di ciascuno dei seguenti tipi: Dolby A/SR, DBX, TelcomC4 Facciamo comunque presente che sono ancora di facile reperibilità, e si può quindi pensare di acquistarli o noleggiarli all’occorrenza

 

Il supporto su cui salvare l contenuto dei supporti sonori analogici: alcune notazioni

Attualmente non si è raggiunto nessun accordo, a livello di organi internazionali, su come e dove salvare il contenuto dei supporti sonori analogici
L’unica convinzione oramai comune è quella che, per assicurarne la trasmettibilità, l’operazione deve produrre formati digitali (cioè files) Si parla di formati e non di supporti poiché questi ultimi sembrano non assumere più alcuna importanza, rispetto invece al formato che deve essere universale in modo da essere accessibile a tutte le piattaforme Proprio grazie a questa convinzione, sono stati sviluppati alcune tipologie di files audio riconosciuti da tutti Quello di maggiore interesse è il Wave Broadcast, le cui caratteristiche sono state riconosciute adatte alla conservazione dalla grande maggioranza degli archivi e degli organi internazionali, e che permette di avere campioni audio a 24bit/48kHz, di contenere metadati e di essere accessibile dai maggiori sistemi operativi attualmente in uso nei personal computer (McOS, Windows e Lynux)
Non esistono normative su dove conservare però tutto ciò che vogliamo salvare e rendere accessibile Le tendenze sono di due tipi e rispecchiano le filosofie di salvataggio che le hanno ispirate In entrambi i casi, si riconosce ad ogni modo la necessità della riconversione e del controllo continuo per non permettere la perdita delle informazioni raccolte
Il primo tipo prevede il salvataggio su un supporto fisico, sia di formati audio puri sia di files audio, e si rivolge ai supporti ottici (CD-R e DVD-R) e magneto-ottici (tipo Minidisc ma con audio non compresso), certo della lunga durata di questi E’ frutto di una filosofia di salvataggio selettiva ed attenta alla qualità dei trasferimenti, da eseguire sempre con prodotti allo stato dell’arte e, soprattutto, ascoltando le varie fasi del lavoro per non incorrere in errori, o per correggerli dove presenti
Il secondo tipo, invece, prevede l’utilizzo per la conservazione dei cosiddetti Mass Storage System, cioè di server in grado di immagazzinare e gestire grandi quantità di dati, per poi salvarli su supporti magnetici quali DLT e AIT E’ frutto di una filosofia di salvataggio quantitativa ed automatizzata, che prevede pochi controlli umani sul prodotto finito, più adatta al mondo dei computer (e, infatti, da quello proviene) e che, infine, prevede il salvataggio su un supporto magnetico, sicuramente soggetto a deperimento Adatto sicuramente alla gestione di grandi archivi, ma poco alla creazione di questi partendo da supporti sonori considerati, a tutti gli effetti, beni culturali Non riconosce, inoltre, al materiale sonoro la sua particolare natura

Il lavoro di riversamento dei supporti sonori è paragonabile a quello dei monaci medioevali che tanta cultura ci hanno tramandato
Memore di questo, si preferisce chiaramente la prima tipologia di salvataggio Si effettua quindi il primo riversamento su HD-Recording (a 24bit/48kHz o 96kHz) e parallelamente su CD o DAT come back-up Si eseguono Eventiuali operazioni di editing, e si salva il risultato su CD-R audio (riducendo, quindi, il segnale a 16bit/441kHz) e, in formato Wave Broadcast, su CD-ROM (conservando così il segnale del riversamento originario) Quando si devono eseguire delle operazioni di restauro, va conservata sempre una copia del segnale originario
Con l’avvento di DVD e del SACD, si pensa inoltre di poter, in futuro, salvare l’audio su questi, con evidente maggiore qualità

 

Testi©Università La Sapienza, Roma, "Laboratorio di informatica: documenti sonori, supporti, riversamento e restauro" tenuto dal Prof Francesco La Camera nel 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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